Autovalutazione per gli alunni? Approfondiamo

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Sempre più la normativa sulla valutazione indica il momento dell’autovalutazione come un aspetto importante. Cioè valutarsi da soli. Non sta solo in quella domanda che, eventualmente, alla fine di un’interrogazione, si rivolge allo studente: “Che voto, che giudizio ti daresti?....”. Potrebbe anche trattarsi di un momento imbarazzante, se i ragazzi non fossero abituati, se a bruciapelo, combattuti tra l’intenzione di compiacere il docente e il bisogno di.. salvarsi la pelle!

Anche l’autovalutazione è un processo che richiede progettazione ed attenzione, rappresenta una dimensione decisiva e deve far parte del percorso di apprendimento. 

Anche le famiglie possono prendere parte a questo itinerario, non solo come interlocutori che osservano i figli ed ascoltano i commenti degli insegnanti ai colloqui, ma possono essi stessi dialogare con i bambini e i giovani studenti.. Si tratta di un discorso non SULL’alunno, ma PER e CON L’alunno. 

La parola chiave connessa è RIFLETTERE, e riflettere INSIEME

Nei recenti corsi sulla nuova valutazione per la Scuola Primaria, è stato sottolineato questo significato cruciale, valido per qualsiasi ordine di scuola: concedere spazio all’autovalutazione non vuol dire lasciare che gli alunni si attribuiscano dei voti o dei giudizi, ma coinvolgere in modo attivo i ragazzi, che devono essere protagonisti del proprio apprendimento, guidati a riflettere sui processi che si sviluppano mentre imparano.

Per una buona educazione all’autovalutazione occorre partire dal dialogo, dal confronto, coltivato certamente da reciproci rapporti di fiducia: gli attori coinvolti, studenti, familiari e docenti che offrono un contributo tutti volti all’obiettivo di far crescere ed imparare i ragazzi.

Si parte con l’abitudine ad osservare e ad osservarsi. Osservare anche se stessi, mentre si lavora, si studia, si agisce, ma anche prima di mettersi all’opera e dopo, una volta concluso un lavoro. Un insegnante che intende abituare all’autovalutazione comincia ponendo tante domande, anche ai più piccoli alunni. Quale colore ti piace? Come mai? Che cosa ti fa venire in mente? Oppure si chiede il gioco preferito.. esplorarsi allo specchio e.. che cosa vedi? Senza suggerire risposte, ma ascoltando e mostrando di dare valore ad ogni tipo di risposta. Poi si passa al dialogo a fronte di un disegno svolto. Che cosa hai disegnato? E questo che cos’è? senza precludere piste, senza suggerire interpretazioni, lasciar scorrere le parole, i bambini imparano ad esprimere idee, opinioni, e pian piano fanno emergere i propri ragionamenti, ciò che sta dietro alle loro scelte. Ciò che avviene nella mente di un bimbo o di uno studente è ovviamente nascosto, ma attraverso i loro racconti e le loro descrizioni si può cogliere quali passi hanno compiuto per risolvere una domanda, un problema,... un calcolo. Quante scoperte si possono mostrare attraverso le loro parole, i loro paragoni, le loro metafore, si possono comprendere anche i meccanismi degli errori. Senza paura di essere giudicati in modo negativo, essi svelano i loro passi esatti o falsi. Ho fatto così perchè credevo che.. questa figura mi sembrava…Ho letto quella cosa ed allora ho pensato che… Si può pure partire ad introdurre un nuovo argomento alla classe chiedendo per prima cosa se gli alunni hanno mai sentito parlare di.. e scoprire quanto ne sanno, cominciare dalle loro ipotesi fantastiche o pseudoscientifiche, dal sentito dire che già ha generato in loro una primordiale conoscenza a cui poi saldare le nuove. 

Dopo aver sviluppato un argomento, si può chiedere ai bambini di fare il punto della situazione e far spiegare loro una regola. Serve per verificare se hanno effettivamente chiaro quanto svolto. 

In tal modo li si prepara ad affrontare compiti simili futuri, ma anche compiti nuovi. Vygotskij, un geniale studioso dei processi cognitivi del secolo scorso, ha sottolineato come linguaggio e processi cognitivi siano fortemente collegati. Favorire il dialogo e il racconto dei propri ragionamenti favorisce l’apprendimento; in classe il confronto è aperto a tutti, si impara da tutti, anche da errori di altri o dai procedimenti spiegati da altri compagni. 

La metacognizione è una parolona un pò difficile, ma riguarda proprio l’autovalutazione. Chi è in grado di svolgere una riflessione metacognitiva è chi, osservando le proprie azioni o il proprio ragionamento, non solo sa fare un’azione, un’operazione, un compito, ma sa come lo svolge, lo sa illustrare ad altri e sa governare il proprio percorso; effettuando qualche sbaglio, e sapendo individuare e descrivere il proprio errore, sa ripercorrere le proprie tappe, rimediare o evitare l’errore in occasioni future. Fare e riflettere sul fare, consapevolmente. Il livello della metacognizione è il più alto livello di competenza; include la coscienza di ciò che si sa o non si sa fare, dei metodi utili per risolvere, e quali metodi sono più consoni al proprio agire.

Accompagnare gli alunni nei processi di autovalutazione porta gli alunni a conoscere meglio se stessi, le proprie abilità, i propri mezzi o come reperire altre risorse per affrontare compiti e contesti. Che cosa ci può essere di meglio per renderli pronti alla sfide future?